Mai come in questi ultimi anni si è sentito parlare di Digital Transformation come di un ingrediente fondamentale nei nuovi modelli business e necessario per affermarsi come azienda competitiva, ambita e all’avanguardia sul mercato. Non a caso, il digitale è tema cardine del PNRR e da report dell’ISTAT “Imprese e Ict 2022” viene citato come area su cui dovranno concentrarsi gli investimenti delle PMI per recuperare competitività e per avviare nuovi business. Se è vero che, a partire dal Covid, è aumentato il numero di imprese dotate di strumenti digitali e di soluzioni di cybersecurity (si è passati dal 34,4% nel 2019 all’attuale 48,3%, grazie soprattutto allo smart working), è altrettanto vero che la transizione digitale in Italia procede ancora a rilento.

In che modo le PMI affrontano l’avvento del digitale?

Si sente spesso dire che il lockdown ha “bloccato” il Paese; al tempo stesso, ha “sbloccato” e accelerato alcuni processi che erano in atto da anni, ma che forse – per pigrizia o inesperienza – si esitava a adottare. Neanche a dirlo, il Covid ci ha colto totalmente impreparati; ci siamo fatti travolgere dall’ansia di aggiornare le nostre competenze digitali e a lavorare senza magari gli strumenti idonei. In pochissimo tempo abbiamo dovuto reinventarci, abbandonare la tanto amata confort zone a favore di un qualcosa di ignoto, potente, che per necessità ha dovuto entrare a far parte delle nostre vite. Il problema non è il digitale, ma l’approccio al digitale, che si scontra con un fixed mindset, un atteggiamento schivo e chiuso di fronte alla novità, che diventa controproducente di fronte alle nuove opportunità.

Lo sapevi che esistono già 1250 tecnologie di Digital Learning?

La formazione in ambito aziendale ha subito un cambio repentino che sta portando le imprese italiane a decidere di adottare sempre più frequentemente una logica di apprendimento basata sull’utilizzo massivo degli strumenti digitali. Venendo meno l’idea di una classe fisica con corsisti e insegnanti in presenza, diventa sempre più importante ricorrere alla tecnologia che offrono strumenti e piattaforme sempre nuove e user-friendly per l’utente. Vediamo insieme alcuni vantaggi:

  • Performance: i collaboratori possono usufruire di contenuti utili alla loro formazione con la possibilità di riconsultare i materiali online;
  • Apprendimento “just in time and just enough“: quello che serve, e quando serve, secondo i propri ritmi di comprensione;
  • Condivisione: contenuti fruibili ovunque, senza limiti geografici e con persone situate a grandi distanze;
  • Costi più contenuti rispetto alla partecipazione a formazioni tradizionali;
  • Monitoraggio del proprio apprendimento grazie a software che rilevano i risultati (KPI).

I dati dell’Osservatorio HR Innovation Practice del Politecnico di Milano restituiscono una visione chiara e completa del contesto attuale circa gli strumenti utilizzati per il digital learning. Secondo l’Osservatorio, lo strumento più utilizzato è il videocorso, scelto dal 63% delle organizzazioni, a seguire vi sono i webinar, scelti dal 60%, poi i social media, dal 43%, i MOOC (Massive Open Online Courses), dal 40%, le App, dal 28%, i tutor online, dal 25%, strumenti per un’esperienza formativa digitale, dal 19% e infine strumenti didattici interattivi, dal 18%.

Come emerge dai dati e dal pensiero comune, nonostante il panorama presenti alcuni sprazzi positivi e stimolanti verso l’innovazione, le aziende sono ancora lente e faticano a stare dietro alla crescita esponenziale di queste tecnologie iperboliche.

Come cita nel suo “L’inevitabile” Kevin Kelly, uno dei fondatori della rivista Wired “I prossimi trent’anni saranno gli anni del cambiamento continui, spinti dalla tecnologia e dalla continua reinvenzione di ciò che ci circonda. L’unica strategia possibile: adattarsi al cambiamento.” Il cambiamento è inevitabile.

A cura di Laura Crespi, HR & Recruiter Specialist e Dott.ssa in Scienze Cognitive e Processi Decisionali

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